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Sanremo: Loredana Bertè racconta la violenza sulle donne, anche su di lei

Dietro alla canzone di Loredana Bertè a Sanremo c’è anche un’esperienza personale, tenuta nascosta da lei stessa per molti anni

Loredana-Bertè-Sanremo

Loredana-Bertè-Sanremo

Ospite d’onore della prima serata del Festival della Canzone Italiana 2021, la Bertè stupisce tutti e fa impazzire i social, insieme ai suoi maggiori successi ha portato un messaggio importante: quello della violenza sulle donne.

Sanremo, 2 Marzo 2021Loredana Bertè (classe 1950), sorella della compianta Mia Martini, “regina del rock italiano dai capelli blu”, ci ha sempre regalato splendide performance nel corso degli anni, tra cui le più memorabili sono sicuramente quelle sul palco dell’Ariston.

Già nel 2019, aveva ricevuto una standing ovation per il suo brano (in gara) Cosa ti aspetti da me, seguita anche da molte proteste dei fan per la sua mancata vittoria.

Loredana, capelli blu e minigonna

Quest’anno torna da ospite alla prima serata con una scaletta dei suoi maggiori successi: Mare d’Inverno, Dedicato, Non sono una signora, Sei bellissima e il suo ultimo brano, Figlia di.

I capelli sono sempre blu, la gonna corta e gli stivali alti anche ma ci sono alcuni dettagli che non sono sfuggiti a nessuno: il rosso delle scarpe lasciate a terra mentre cantava e quello del fiocco che portava al petto. Le farfalle sui capelli si aggiungevano al tutto.

La Bertè ha unito il rock al messaggio sulla violenza sulle donne

Come ha dichiarato lei stessa nel bel mezzo dell’esibizione, tra un brano e l’altro:

Grazie per avermi permesso di portare il messaggio contro la violenza sulle donne, al primo schiaffo bisogna denunciare”

Ma dietro a queste dichiarazioni c’è anche un’esperienza personale, tenuta nascosta da lei stessa per molti anni, fino alla rivelazione avvenuta solo ultimamente.

Un episodio di violenza che l’ha segnata per sempre, avvenuto quando lei aveva solo 17 anni

Il colpevole era un ragazzo che le inviava rose da circa un mese per poi chiederle di uscire:

Mi portò in un appartamento e quando sentii che chiudeva con un lucchetto la porta volevo andare fuori. Mi ha riempita di botte e violentata”.

Lei stessa racconta di essersi salvata per miracolo, scappando con un taxi per poi giungere in ospedale. Un episodio terribile che non dovrebbe essere presente nella vita di un’adolescente.

La Bertè si è fatta simbolo di tutte quelle donne che come lei, un po’ per paura o per vergogna, non hanno denunciato:

Questa cosa non ho potuto dirla a nessuno, nemmeno in casa, perché le botte le avrei prese anche lì. Non ho potuto denunciare ma è stato uno sbaglio, perché al primo schiaffo bisogna denunciare”

Evitare la denuncia è un errore e questa testimonianza è un esempio degli sbagli fatti dalla nostra società: incolpare la vittima, farla sentire ingenua e “sporca” solo perché ha accettato un invito ad uscire.

Non è sbagliato presentarsi ad un appuntamento con una persona o fidarsi di quest’ultima. In tutta questa storia, l’unico ad essersi comportato nel peggiore dei modi e di essere, molto probabilmente, il risultato di un’educazione e di una visione del mondo sbagliata, è chi ha attutato la violenza.

Non dobbiamo mai smettere di ripetere e di ripeterci che una donna, un uomo, un essere umano non appartengono agli altri ma solo a sé stessi. Non siamo oggetti di nessuno, siamo esseri viventi che come tali vanno rispettati, sempre.

Articolo di Marta Giorgi, Disegni di Chiara Giorgi

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