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Roma rischia di perdere la (prima e unica) Comunità Giovanile

Cittadini e volontari della Comunità uniti per scongiurare lo smantellamento del servizio attivo da 4 anni

Lunedì 9 Giugno è passato, e si è svolto anche l’incontro tra gli esponenti della Comunità Giovanile Roma, il direttore generale dell’Agenzia Capitolina per le Tossicodipendenze Massimo Canu, e i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale incaricati di rientrare in possesso del Casale di via di Grotta Perfetta, 610.

La giornata di ieri ha registrato una grande adesione da parte del quartiere di Roma ’70: decine e decine le persone accorse in Assemblea davanti all’ingresso dello stabile per difendere a denti stretti il futuro della Comunità Giovanile Roma e, quindi, di tutto il quartiere. Perché questi 4 anni di attività svolte dai volontari della Comunità sono stati preziosi per un quartiere che di spazi destinati ai giovani ne ha ben pochi.

La partecipazione e la solidarietà dei cittadini residenti, già dai giorni scorsi, si erano fatte sentire. Sabato e domenica, infatti, la Comunità Giovanile ha messo a disposizione i suoi locali per accogliere chiunque avesse voluto aderire alla raccolta firme per scongiurare la sua chiusura. Più di 500 le firme raccolte in calce ad un testo che chiede la possibilità di proseguire le attività di tutti questi 4 anni.

Invece, stando a quanto si apprende, la Comunità verrebbe smantellata per inserire all’interno del c.d. ‘Casale Rosa’ un servizio antiviolenza per le donne, SOS Donna h24. Pur rispettando i nobili principi di un servizio simile, ci sono vari elementi da tenere in considerazione. Primo fra tutti: il Casale verrebbe totalmente chiuso al pubblico, in quanto un servizio del genere richiede di essere svolto in totale sicurezza, e quindi il quartiere intero ne risentirebbe. E ancora: il servizio entrerebbe nel Casale con un affidamento diretto, senza alcun bando. Anche se l’Amministrazione Comunale, per il tramite dei rappresentanti presenti all’incontro di ieri, sostiene che un bando verrà fatto sulla struttura – quando? -, per poter poi essere affidata nuovamente a qualche altra Associazione, visto e considerato anche che il bando riguardante il servizio SOS Donna h24 è in scadenza. E allora ci si chiede: perché non consentire ai volontari della Comunità di poter proseguire il loro lavoro all’interno del Casale fino a nuovo bando – il che è sinonimo di trasparenza e garanzia? Peraltro – come più volte è stato sottolineato – in modo del tutto gratuito e a costo zero per l’Amministrazione? Domande, queste, che si sono posti più volte gli stessi volontari e che hanno prontamente provveduto a rigirare agli organi competenti. Risposta? Non pervenuta.

Stando a quanto si è appreso ieri nel dialogo intercorso tra i rappresentanti della Comunità e quelli dell’Amministrazione capitolina, sembra che il motivo per il quale si voglia spostare il servizio antiviolenza per le donne all’interno del Casale sottostia a ragioni economiche: lo stabile dove attualmente il servizio opera costerebbe troppo al Comune di Roma – seppur le Associazioni che svolgono il servizio SOS Donna h24 abbiano aderito e vinto un bando svolto sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il Comune, quindi, sembra voler rientrare in possesso del ‘Casale Rosa’ per poter risparmiare sull’affito. Nobile anche questo principio, visto che la coperta è corta per tutti e la cinghia va tirata. Ma, stando ai regolamenti, qualcosa non torna. Andiamo a vedere.

Nel capitolato tecnico relativo al bando di SOS Donna h24, leggiamo che è l’aggiudicatario a dover produrre la documentazione idonea e corredata da apposita planimetria, concernente l’organizzazione degli spazi utili alla realizzazione delle attività. Quindi, se è vero che vale il principio per cui ‘in claris non fit interpretatio’, non spetta al Comune provvedere a tale ricerca.

E ancora. Apprendiamo che l’aggiudicatario deve garantire la disponibilità dell’immobile per una durata almeno di 30 mesi, con espressamente indicata la destinazione d’uso e la formale garanzia controfirmata dal proprietario dell’immobile a rispettare le scadenze contrattuali.  Incrociando qualche dato, quindi, lo stabile sarebbe dovuto rimanere alla disponibilità del servizio SOS Donna h24 almeno fino al Giugno 2014. Mese corrente. Sì, peccato che si pretenda già da Marzo la riconsegna del ‘Casale Rosa’ al fine di spostarvi lo sportello antiviolenza.

Inoltre, nel Capitolato d’Appalto, all’allegato B, leggiamo che “l’Aggiudicatario, che metterà a disposizione i locali ove si svolgerà il servizio, dovrà adempiere ad ogni obbligo in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento della struttura (…).  I locali del servizio dovranno preferibilmente trovarsi al piano terra o privi di barriere architettoniche e dovranno essere ubicati nel territorio di Roma Capitale, collocati in contesto urbano e collegati con i servizi di trasporto pubblico”. In merito a questo punto, registriamo come il ‘Casale Rosa’ sia ubicato su due piani.

C’è poi da considerare la posizione dell’ACT, Agenzia Capitolina per le Tossicodipendenze che con un bando affidò la gestione della struttura alla Comunità Giovanile Roma. “In base a quanto deliberato dal Consiglio d’Amministrazione dell’Istituzione, è mio dovere, nonché responsabilità, garantire la tutela del patrimonio e delle pertinenze dell’Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze” – dichiara il direttore generale Massimo Canu, il quale sottolinea come le difficoltà siano – “collegate all’assenza di risorse in bilancio: Roma Capitale ha stanziato una somma pari a ZERO euro per le annualità 2014 e 2015, quindi l’Agenzia non dispone delle somme necessarie per rimuovere, trasportare e conservare cose come l’impianto di videosorveglianza, perfettamente operativo e funzionante”.

Canu sottolinea anche come sia stato chiesto “più volte al Dipartimento Servizi Educativi e scolastici di farsi carico dei costi dell’operazione, proprio in mancanza delle nostre disponibilità. Abbiamo suggerito e chiesto di mettere a disposizione un tecnico specializzato ed un mezzo di trasporto oppure di acquistare le pertinenze che, in questo caso, diventerebbero di loro proprietà. Queste operazioni dovrebbero avvenire prima della riacquisizione del Casale da parte del Dipartimento perché – continua Canu – qualora il Casale fosse lasciato a se stesso, vi sono seri rischi di danneggiamento della struttura e delle pertinenze. Come Istituzione, abbiamo una fideiussione con le associazioni che hanno gestito il Casale che ci tutela dai danni al patrimonio, un elemento di serenità che verrebbe meno qualora la riacquisizione avvenisse prima che le pertinenze vengano rimosse e spostate in un luogo sicuro”.

“Da parte nostra – conclude Canu – continueremo a lavorare con il solito garbo ed il piglio istituzionale convinti che la leale collaborazione tra le istituzioni possa portare alla migliore soluzione possibile per la salvaguardia e la tutela del patrimonio e dell’immagine di Roma Capitale”.

Dopo il lungo dibattito, il Casale, al momento, è ancora nella disponibilità della Comunità Giovanile. Nei prossimi giorni l’Amministrazione, con ogni probabilità, tornerà a farsi sentire. Ma intanto, a Roma ’70 sta succedendo qualcosa di straordinario: i residenti stanno combattendo al fianco dei volontari per fare in modo che la prima ed unica Comunità Giovanile di Roma – nata per la promozione di stili di vita sani come alternativa alle droghe e, quindi, per portare avanti un servizio meritevole  e lodevole al pari, se non di più, di molti altri – non venga smantellata. 

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