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Rifiuti Roma, la Raggi è a un bivio: ricorso o commissariamento

Il M5S apre alle discariche, Zingaretti pronto a far scattare i poteri sostitutivi, e una consigliera di maggioranza chiede scusa per il fallimento dei grillini

In un certo senso, il sindaco della Capitale Virginia Raggi è il contrario di Re Mida, il leggendario sovrano della Frigia capace di trasformare in oro tutto ciò che toccava: un’abilità che al primo cittadino di Roma farebbe estremamente comodo, soprattutto in relazione alla vexata quaestio dei rifiuti dell’Urbe – e soprattutto ora che i nodi stanno precipitosamente venendo al pettine.

È infatti scaduto a mezzanotte l’ultimatum lanciato dalla Regione Lazio con l’ormai celeberrima ordinanza del 27 novembre scorso: con la quale il Governatore Nicola Zingaretti intimava al Campidoglio di scegliere, tra i sette siti giudicati idonei dai tecnici (inclusi quelli del Comune), quello in cui dovrà essere smaltita la spazzatura della Città Eterna.

Decisione non più differibile, visto che nella stessa ordinanza veniva indicata nel 15 gennaio 2020 la data della chiusura definitiva dell’impianto di Colleferro. Tanto è vero che, «in caso di inosservanza» minacciava il documento di via della Pisana, «vengono adottate in via sostitutiva dalla Regione tutte le iniziative necessarie a garantirne l’ottemperanza, anche attraverso la successiva individuazione di uno o più soggetti attuatori delle singole prescrizioni»: che, tradotto dal burocratese, significa commissariamento.

Un’extrema ratio che Zingaretti ha esplicitamente affermato di voler evitare – anche se l’amministrazione pentastellata non glielo sta rendendo facile. In un’aperta sfida a tutti i principali attori in campo, l’Assemblea capitolina ha infatti deliberato «la disponibilità di Roma Capitale a realizzare nel proprio territorio gli impianti di trattamento e/o smaltimento, che si rendessero necessari, esclusivamente a seguito dell’approvazione del nuovo Piano rifiuti della Regione Lazio», che però al momento ha ricevuto l’ok della sola Giunta regionale: se davvero si dovessero attendere le ulteriori valutazioni (della Commissione competente e dell’aula consiliare) come vorrebbero i grillini, il sistema di raccolta dell’immondizia farebbe tranquillamente in tempo a collassare.

Tanto più che, per buona misura, l’aula Giulio Cesare ha anche votato un folle odg che boccia la costruzione di un nuovo termovalorizzatore, come previsto invece nella bozza del piano industriale approntato da Stefano Zaghis, amministratore unico di Ama (il settimo nominato dalla Raggi): il quale sembrerebbe ora orientato a virare sulle discariche, malgrado il rischio concreto di un aumento della Tari.

Per non farsi poi mancare proprio niente, la maggioranza a Cinque Stelle si è spaccata sulla proposta della consigliera M5S Simona Ficcardi, che chiedeva di individuare una molteplicità di siti di stoccaggio e smaltimento, più piccoli e distribuiti su vari municipi. Linea che è stata respinta, scatenando l’ira della Ficcardi: la quale ha litigato furiosamente con il proprio capogruppo Giuliano Pacetti e  soprattutto, è intervenuta in Consiglio comunale per chiedere scusa ai cittadini per il fallimento dei Cinque Stelle.

Il tutto mentre l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Governo ha certificato il flop della raccolta differenziata, che l’anno passato è calata per la prima volta dal 2011; e mentre un report allucinante di Ama ha rivelato che, su 4.300 operatori ecologici, oltre 1.500 sono «inabili a fare gli operatori ecologici», magari perché allergici allo smog o impossibilitati a sollevare carichi pesanti.

La Raggi, insomma, sembra sì avere una caratteristica in comune con il mitologico Re Mida, ma non quella che le servirebbe. E in questo marasma generalizzato non stupiscono le indiscrezioni che la vorrebbero quasi sollevata dall’idea del commissariamento, che scaricherebbe su altri la patata bollente. Forse anche per questo, malgrado l’Assemblea capitolina l’abbia esortata a «valutare la possibilità di impugnare» l’ordinanza di Zingaretti, il sindaco non sembra incline a fare ricorso al Tar. Oltretutto, in caso di sospensiva, il pericolo è che la città piombi nell’emergenza, il che porterebbe forzatamente a un intervento diretto dell’esecutivo.

Insomma, niente di nuovo sul fronte occidentale. Sempre il solito, trito, ignobile balletto, di cui rischiano seriamente di fare le spese i cittadini romani. Chapeau.

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