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Decreto Sicurezza. Disapplicarlo anche a Roma? Il PD ci prova

Presentata oggi una mozione urgente in cui si sollecita Virginia Raggi a prendere “esempio dal Sindaco di Palermo”

Una mossa accorta, quella del PD romano. Che stamattina ha presentato una mozione urgente nella quale chiede a Virginia Raggi di sospendere anche lei l’applicazione di alcune norme del Decreto Sicurezza, così come ha deciso di fare Leoluca Orlando a Palermo.

Se questo è il contenuto esplicito, però, le implicazioni sono altre. E per chi mastica almeno un po’ di politica “politicata” sono ben più che dei vaghi sospetti. Vada come vada, si cerca di mettere la Sindaca in una situazione difficile..

Nel caso in cui accogliesse la proposta (ma secondo noi non accadrà) sarebbe un successo evidente per chi ha gettato l’esca: il Campidoglio fa proprio un impulso dell’opposizione e va in attrito coi leghisti. Con possibili ripercussioni anche a livello nazionale, ossia sul sodalizio gialloverde in Parlamento e a Palazzo Chigi.

Se invece la rigetta, la si può attaccare su due fronti: uno, accusandola innanzitutto di condividere la brutalità “disumana” nei confronti dei migranti; due, tacciandola di sudditanza nei confronti di Salvini.

L’iniziativa ha il suo primo firmatario nel consigliere comunale Giovanni Zannola, ma è condivisa anche dal capogruppo Dem nell’assemblea capitolina, Giulio Pelonzi, e da numerosi altri esponenti di diversi municipi. E proprio il coinvolgimento di questi ultimi, come vedremo tra poco, è parte integrante e decisiva della strategia adottata.

La formula adottata per caldeggiare il parziale stop al Decreto è piuttosto sagace: “laddove si presenti controversa la sua applicazione a garanzia dei diritti umani dell’individuo e dei diritti alla sicurezza per i cittadini”.

La replica, tuttavia, è ancora più nitida: chi lo stabilisce, se l’applicazione è “controversa”?

Il sindaco? Il singolo assessore? Lo specifico funzionario?

Decreto Sicurezza: l’obiezione “umanitaria”

Il PD traccia un quadro a tinte fosche: “A fronte della confusione amministrativa generata da questo Decreto, definito ingiustamente Sicurezza, si sospendono di fatto i rilasci di permesso di soggiorno per motivi umanitari, si escludono dai sistemi territoriali di accoglienza Sprar i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale, e non si permette l’iscrizione all’anagrafe sempre ai richiedenti asilo. L’effetto è solo quello di aumentare la confusione sui territori e di generare il caos negli Enti locali.

Di fatto questo Decreto non fa che aumentare il numero delle persone il cui status giuridico rimane incerto, nonché il numero di persone che non avranno uno status regolare. L’obiettivo non dichiarato è quello di aumentare il numero di invisibili, a cui viene peraltro negato anche l’accesso ai fondamentali servizi locali, e amplificare l’aumento di situazioni non regolari a scapito della sicurezza di intere comunità locali che non potranno più contare su un sistema di accoglienza trasparente e normato”.

Ed eccoci alla bordata principale. Che tenta di trasformare il dissenso politico in evidenza giuridica, e per di più al massimo livello.

“Un Decreto che restringe le garanzie costituzionali delle persone previste all’art10, comma 3, della nostra Costituzione, genera caos amministrativo e acuisce i costi per gli Enti locali come giustamente denunciato dall’Anci, aumenta il senso di insicurezza tra i cittadini. Non si tratta di violare una Legge dello Stato, ma di chiedere chiarezza e rispetto della Carta Costituzionale a chi ci governa”.

Il ruolo, tattico, dei Municipi

Manca solo il finale: “Porteremo la mozione anche nei Municipi perché abbiamo bisogno tutti di capire chi sono i Politici del M5S. Un gesto politico. Di coraggio. Quello tanto decantato in campagna elettorale e poi dimenticato, come migliaia di altre promesse. La Politica richiede scelte ed è arrivato il tempo di farle”.

Coinvolgere i Municipi serve dunque a un duplice scopo. Il primo è moltiplicare i soggetti istituzionali che potrebbero prendere le distanze dal Decreto, decidendo di disapplicarlo in modo unilaterale. Il secondo, affermato esplicitamente, è sperare che qualche dissidente del M5S si lasci coinvolgere nella crociata anti Salvini. Come è accaduto al Senato con l’ammutinamento, e la successiva espulsione, di Gregorio De Falco.

E Virginia Raggi?

Lo abbiamo già anticipato: a nostro giudizio declinerà l’invito. Guardandosi bene dal fare qualsiasi levata di scudi in stile Leoluca Orlando o Luigi De Magistris, e auspicando tutt’al più un sollecito pronunciamento da parte della Consulta.

Come Sindaca è obiettivamente inesperta, ma di sicuro non è scema.

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