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COP30, il flop non esaurisce le minacce (anche alla libertà)

Il nuovo vertice dell’internazionale affermazionista si chiude ancora con un provvidenziale nulla di fatto: ma pure con una dichiarazione che mira a censurare le voci fuori dal coro sul climate change

COP30

COP30 (© Lula Oficial / Wikimedia Commons)

Si è tenuta quest’anno in Brasile la COP30, la trentesima “Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite”. La passerella annuale dell’internazionale affermazionista che, comme d’habitude, si è chiusa con un provvidenziale nulla di fatto. La minaccia rappresentata dal peggior ambientalismo però non si esaurisce qui, anzi si è estesa a mettere nel mirino le voci fuori dal coro green.

COP30
COP30 (© Lula Oficial / Wikimedia Commons)

Il flop della COP30     

Rispetto alle edizioni precedenti, la COP30 si è svolta un po’ in sordina, soprattutto per merito del quantomai opportuno boicottaggio degli Usa a nuova guida Donald Trump. Il clou (si fa per dire) è stato l’incendio divampato nella zona dei padiglioni, en passant la metafora perfetta per l’andamento del vertice. Il cui obiettivo dichiarato, una roadmap per l’abbandono dei combustibili fossili, è andato altrettanto in fumo, sfociando nel flop ammesso anche dai manutengoli dell’eco-catastrofismo.

Donald Trump
Donald Trump (immagine dalla sua pagina Facebook)

Eppure, il summit è riuscito a produrre una “Dichiarazione sull’integrità delle informazioni sui cambiamenti climatici” che definire orwelliana sarebbe un sottile eufemismo. Gli autori del documento si sono detti «preoccupati dal crescente impatto della disinformazione, della cattiva informazione, del negazionismo». E hanno invitato i Governi a «promuovere campagne sul climate change» e sostenere «il diritto del pubblico ad accedere a informazioni affidabili sull’argomento».

George Orwell
George Orwell (1903-1950). © BBC / Wikimedia Commons

Lodevole iniziativa, ma la questione resta sempre la stessa: cosa rientra nella categoria dell’affidabilità, e chi decide cosa ne debba fare parte?

La censura green

È “affidabile”, per esempio, spacciare la CO2 per un inquinante, quando in realtà è il fondamento di tutta la vita sulla Terra? O propagandare che il 97% degli scienziati concordi sulle origini antropiche del riscaldamento globale, che è semplicemente un’eco-balla sesquipedale? Che peraltro ignora la lezione di Galileo Galilei, secondo cui «le verità scientifiche non si decidono a maggioranza», e cambiano all’emergere di nuove evidenze sperimentali.

Galileo Galilei
Galileo Galilei (1564-1642). Immagine dalla pagina Facebook del National Space Centre

Ancora, è “affidabile” il guru Bill Gates quando critica a mezzo New York Times l’allarmismo sull’aumento delle temperature, scrivendo che «non porterà alla scomparsa dell’umanità»? Poi, certo, non è che il fondatore di Microsoft si sia improvvisamente convertito al climato-realismo, ma è già significativo che abbia riconosciuto come l’apocalisse possa attendere. Tra qualche tempo, magari, arriverà a capire perfino che l’uomo ha un’influenza minima su quello che è il sistema più complesso presente in natura.

Bill Gates, Bamba della settimana
Bill Gates (immagine dalla sua pagina Facebook)

L’ironia è che la Declaration invoca pure la difesa dei «diritti umani, incluso il diritto alla libertà d’espressione» che è precisamente ciò che si vuole colpire. In Italia ci siamo già portati avanti, stante che da noi si delira già da un po’ di rendere perseguibile il cosiddetto “negazionismo climatico”. A conferma del dogmatismo di una «religione laica» (copyright del fisico e matematico Freeman Dyson) dispostissima a censurare quelle che spesso si rivelano essere delle inconvenient truths.

Freeman Dyson
Freeman Dyson (1923-2020). © ioerror / WIkimedia Commons

Non a caso, a Conference of the Parties chiusa, come riporta Libero l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani Volker Türk ha farneticato di crimini climatici. Del resto, come sosteneva Papa Benedetto XVI, «l’assolutizzazione di ciò che non è assoluto ma relativo si chiama totalitarismo»: e quello verde non fa minimamente eccezione.