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Castel Madama, un viaggio nel paese dell’olio extravergine

E’ paese di economia prevalentemente agricola. Fondato nel 1308 dagli Orsini, ebbe il nome originario di Castrum S.Angeli

 

Possiedo ancora l’enciclopedia MINERVA, edita nel 1964. Chissà se a qualcuno di voi dice qualcosa. Oramai, resta là dove si trova, senza alcuno spostamento, destituita dall’antico ruolo deputato alla ricerca, troppo sola e dimenticata, ma, considerando lo strapotere dei sofisticati mezzi di oggi, si è come rassegnata a fare la sua parte, quella di rappresentare un semplice elemento riempitivo, roba da tappezzeria insomma. Tuttavia, mi sono sinceramente affezionato alla sapiente Minerva e ricordo che quando la mia famiglia l’acquistò, volli per prima cosa capire se cotanta cultura, contemplasse riferimenti o meno riguardo un valore affettivo personale legato alla mia terra, alle mie radici. Sfogliando sfogliando, non posso dimenticare il sentimento provato nell’attimo in cui ivi scoprii la presenza di Castel Madama “Sei grande Minerva!” Lo pensai davvero e nella fantasia tipica di un bambino, credetti di trovarci scritto anche il mio nome. Confesso che, tutto sommato, mi accontentai di quanto avevo trovato. Ecco cosa raccontava Minerva, a proposito di Castel Madama:  Comune in provincia di Roma, con ca. 4.600 abitanti, situato alla sinistra del fiume Aniene che alimenta una centrale idroelettrica di notevole potenziale, istallata sul territorio del comune.

E’ paese di economia prevalentemente agricola. Fondato nel 1308 dagli Orsini, ebbe il nome originario di Castrum S. Angeli. Assunse nel ‘500 il nome attuale, in onore di Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V.  Su Minerva, Castel Madama è tutta qui, ma in questo viaggio che mi appartiene, non c’è solo il cuore del cuore del mio passato,  c’è tutto piuttosto, anzi, molto di più. E ritrovo il tempo, la sua ostinata tendenza a strattonarmi la memoria per tenermi con sè. Vedo le campagne, gli oliveti, le robuste fronde abbandonate alla danza del vento di novembre. “Luce che cade dagli occhi, sui tramonti della mia terra”. Così canta Elisa e così voglio cantare anch’io. Mio padre e mia madre, i miei fratelli, la nostra abitazione in via Roma, le case di Battipalla e sotto di noi, di rimpetto alla strada, viveva zia Petronilla. La mamma, talvolta, mi portava con sè a far la spesa da Quinto.  C’erano delle uova sul banco, raccolte dai pagliericci e portate in negozio così com’erano per la vendita. Vi lascio immaginare cosa ci fosse attorno ad ognuna di esse, ma erano uova quelle: erano uova, sottolineo. Ho nitida in mente,  l’immagine delle donne che, poggiando sul cercine che proteggeva loro il capo, trasportavano in perfetto equilibrio, conche di rame piene d’acqua o spianatoie di legno, sulle quali avevano posto la forma lavorata del pane da cuocere nel forno locale.

Che buono quel pane! Bianco o nero(lo pa’ de turcu), oppure i tozzotti che in pratica, sono maritozzi un po’ più consistenti, o per meglio dire, pani rinascimentali all’uovo, lievitati una volta si e l’altra pure, impastati con un infuso di alloro, erbe aromatiche e semi di finocchio. Ora che siamo qui, andiamo a comprarne alcuni, imbottiamoli ben bene con quella famosa cioccolata spalmabile e poi… pronti a svenire. Fino a qualche anno fa, c’era una sagra dedicata a questo capolavoro della tradizione castellana.. Non ne ho più notizia, purtroppo.  La piazza, i “Collicelli”, via “Fore”..  E’ il momento di addentraci  nella zona più antica. Sotto la Chiesa di San Michele, c’era il negozio di un macellaio. Lo chiamavano Scialanga. Il locale non era particolarmente spazioso, a destra della parete e di fronte, c’erano dei ganci per appendere la parti sezionate del bestiame, che mi incutevano soggezione. Mio padre, acquistava abitualmente la carne da Scialanga. A momento della cottura, si formavano dei grumi di colore bruno, sia in superficie che alla base del tegame. Mio padre,  mi istruiva sul fatto che ciò che vedevo davanti ai miei occhi, altro non era che la sostanza, la sostanza genuina dell’alimento, la parte più nutriente e nobile. Vi è venuto appetito, non è vero? Il pane, l’olio. i tozzotti, la carne di Scialanga… Non posso certo biasimarvi e aggiungo che ho ancora molte cose da dire e da raccontare. Tenetevi pronti per un altro viaggio e tra un tozzotto e l’altro, andremo a scoprire insieme il cuore del cuore di quelle radici che per me e non solo per me rappresentano tutto, anzi, molto, molto di più.

Foto di Adriano Di Benedetto

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