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Memoria delle mie puttane tristi, Gabriel García Márquez‏

Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi

Márquez non si discosta dall’essere pittore della scrittura e traccia su carta un dipinto dai colori pastello, con colpi veloci ma sicuri. In poco più di cento pagine, un uomo racconta la sua storia abbracciando due piani temporali: quello presente in cui il sentimento inedito di un uomo, ormai maturo, che all’età di novant’anni si innamora per la prima volta di un’adolescente, rivoluziona la sua vita e lo induce a ricordare il passato, in cui giovane e incapace di amare non era mai andato a letto con una donna senza pagarla.

Egli è un giornalista, ex professore, un uomo eccentrico e di cultura che ama i classici e la musica. Un tempo, la sua vita pubblica era priva di interesse, cosicché alle undici di sera, quando staccava dal lavoro, cominciava la sua autentica vita tra i bordelli, dove entrava di nascosto dalla porta posteriore e incontrava politici che confidavano segreti di stato alle amanti senza pensare che venivano ascoltati dall’opinione pubblica attraverso i tramezzi di cartone.

All’età di vent’anni aveva iniziato a tenere un registro dove appuntava il nome, l’età e il luogo dove si incontrava con le donne di una notte e via, e perfino le circostanze e lo stile delle prestazioni. Registro, come prova lampante della solitudine in una “vita sprecata”.

All’età di cinquant’anni erano cinquecentoquattordici le donne con cui era stato almeno una volta, fin quando per motivi fisici, il corpo non ce la faceva più, dovette interrompere la lista.

Nel giorno del suo novantesimo compleanno decide di regalarsi “una notte d’amore folle con un’adolescente vergine”, con l’incalzante desiderio di risvegliare in sé gli istinti vitali da tempo sopiti. Quando il vecchio entra nella camera del bordello la ragazzina, che lavora come attaccabottoni in una fabbrica per mantenere la famiglia, stremata dal lavoro, dorme nuda sul letto. Il vecchio si limita a guardarla e a dormirvi accanto, scoprendo così una sensazione nuova: “Il piacere inverosimile di contemplare il corpo di una donna addormentata senza le urgenze del desiderio e gli intralci del pudore”. Notte dopo notte il giornalista si reca al bordello ad ammirare la giovanissima. Mentre lei è immersa nel sonno le parla, canta per lei e le legge “Il piccolo principe”, “I Racconti di Perrault”, “Le mille e una notte”.

La ragazzina diventa a poco a poco un foglio bianco sul quale il protagonista crea la storia del suo primo amore. Il vecchio inizia a sognare e a sentirla accanto a sé durante il giorno, la immagina nelle diverse tappe della sua vita, la cambia a seconda del suo umore, modificandole il colore degli occhi o l’abbigliamento a suo piacimento. Fin quando perde le tracce della ragazzina: “Avevo sempre creduto che morire d’amore non fosse altro che una licenza poetica. Quel pomeriggio, di nuovo a casa senza il gatto e senza lei, constatai che non solo era possibile morire, ma che io stesso, vecchio e senza nessuno, stavo morendo d’amore”.

Scopre così l’amore, trovando “l’inizio di una nuova vita a un’età in cui la maggior parte dei mortali è già morta”.

Ci saranno altrettante sorprese che lo aspetteranno al suo novantunesimo compleanno?

Márquez racconta la sua storia, tenendosi lontano dall’esprimere giudizi e pregiudizi, lasciando che gli avvenimenti parlino da sé; estende il suo sguardo sul mondo e lo restituisce al lettore arricchito dalla sua immaginazione e dalla sua arte, svelando le dimensioni più nascoste e complesse della realtà e dell’essere umano, i suoi cinismi, i suoi egoismi, le sue fantasie più riprovevoli e quanto di abietto ma anche di bello ne può scaturire.

Il redattore di questa “memoria” riassume la sua sorpresa in una lettura brevissima, breve come il tempo che può impiegare il realizzarsi di qualcosa che si aspettava da una vita. Nonostante il vecchio durante tutto il libro descrive con un filo d’ironia i classici sintomi, le distrazioni e le dimenticanze tipici dell’età senile, tema principale del libro, questo è il caso di rammentare il grande Cicerone che disse: “Non c’è vecchio che non ricordi dove ha messo il suo tesoro”.

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