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L’Europa tra passato e futuro: il peso del mondo

Lo sforzo di abolire la schiavitù costa a Lincoln la vita, come capita a tutti coloro che provano seriamente a cambiare le cose

I momenti in cui un paese, o un’epoca, esprimono una cultura politica sana, sono spesso legati all’esistenza di grandi uomini. Atene al tempo di Temistocle e di Pericle, Roma al tempo della Repubblica e poi dell’Impero (con Cicerone e Cesare, Augusto, Adriano e Marco Aurelio), Firenze durante il Rinascimento (con Cosimo il Vecchio, Lorenzo il Magnifico, Savonarola, Machiavelli), la formazione delle democrazie moderne con le Rivoluzioni americana e francese (si pensi, rispettivamente, ai nomi di Washington e Danton).

In tempi più recenti, il Risorgimento e la Resistenza in Italia (da Cavour, Garibaldi e Mazzini a Togliatti, Nenni e De Gasperi), la Rivoluzione russa fino alla morte di Lenin, la presidenza di F. D. Roosevelt e quella di J. F. Kennedy negli Stati Uniti e, aggiungerei, la formazione dell’Unione europea, oggi tanto stupidamente messa in discussione, tanto in Italia che all’estero, che da Altiero Spinelli ricevette un impulso fondamentale.

Di quanto, invece, si possa soffrire, quando le culture politiche non sono sane, l’Italia ne è testimone. D’altronde, con l’espressione ‘cultura politica sana’ non si intende la perfezione, assai rara in ogni fatto umano, quanto piuttosto la capacità di dare respiro e sogni ad una comunità e a un paese, in modo che anche le generazioni successive possano giovarsene.

Steven Spielberg ha dedicato a questo tema un film splendido come “Lincoln” (2012) – e la ragione di discutere di un film sulla storia americana, in una rubrica dedicata all’Europa, risiede nel fatto che gli Stati Uniti sono un nucleo di Occidente purissimo: all’inizio appendice e costola del vecchio continente, nell’ultimo secolo ne sono diventati, nel bene e nel male, la guida e il modello.

Il cinema di Spielberg, dallo stile grandioso e ridondante, ben si presta ad esaltare la figura di un presidente tra i più amati e venerati della storia americana. L’attore Daniel Day-Lewis ha prestato il suo volto ad un personaggio che si è innalzato ad una statura patriarcale e filosofica, cavalcando quella causa dell’anti-razzismo che, da allora, non ha perduto di attualità.

Sullo sfondo della Guerra di secessione, Abraham Lincoln combatte la sua battaglia, che gli costerà la vita, per l’abolizione della schiavitù, e lo fa con tutti i mezzi possibili e immaginabili, leciti e meno leciti, per vincere una resistenza, la cui forza ancora oggi si manifesta nella realtà americana attuale. A dimostrazione di ciò che pensava Machiavelli, che etica e politica non sono completamente sovrapponibili, che il politico deve saper commerciare con il male del mondo, anche e soprattutto per vincere una battaglia di giustizia.

Lincoln amava, come tutti i sapienti, raccontare storielle e la voce chioccia del doppiatore italiano, l’attore Pierfrancesco Favino, dà un sapore tutto particolare a chi guardi il film nella nostra lingua. Forte con i forti e dolce con i deboli, a differenza dei mediocri di ogni tempo, sopporta il dolore e la follia della moglie e le preoccupazioni per i figli, con la devozione di chi, in una grande missione, porta avanti anche quella piccola della vita quotidiana, che è la dimensione esistenziale con cui ciascuno di noi si confronta.

Lo sforzo eroico di imporre agli Stati Uniti l’abolizione della schiavitù, costa a Lincoln la vita, come capita a tutti coloro che provano seriamente a cambiare le cose e la lista sarebbe lunga. In ordine sparso, è possibile ricordare John F. e Bob Kennedy, M. Luther King e Malcolm X, Pier Paolo Pasolini e Peppino Impastato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Yitzhak Rabin, fino a risalire a nomi come quelli di Socrate, Gesù di Nazareth o Giordano Bruno, che alla civiltà occidentale ed europea hanno dato forma e consistenza.

Il film si chiuderebbe su questo accordo della speranza spezzata, ma Spielberg ha l’intelligenza di concludere con un discorso del Presidente in cui Day-Lewis e Favino danno il meglio di loro stessi. Come chi troppo bene comprende l’importanza della concordia e della tolleranza, Lincoln, riflettendo sulla Bibbia, richiama i valori della carità e della pace, come fari e guide così della politica interna come di quella estera, dimostrando, ancora una volta, di essere un gigante.

(Nella foto Abraham LIncoln)

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