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Coronavirus, è il momento di alzare la voce con la Ue

Le pur belle parole della von der Leyen non bastano più, bisogna passare ai fatti. Il Premier Conte: “Più unità e coraggio, o sarà la fine del sogno europeo”

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Adesso basta. Basta chiacchiere, basta promesse, basta proclami. È arrivato il momento di passare ai fatti, perché il coronavirus non si può sconfiggere con pur belle parole o con una solidarietà soltanto evocata.

Sembra averlo capito anche il bi-Premier Giuseppe Conte, che dalle pagine di Repubblica ha risposto alla lettera apparsa sullo stesso giornale a firma Ursula von der Leyen. Potius sero quam numquam, considerato che una delle principali critiche rivolte al fu Avvocato del popolo è proprio l’eccessiva arrendevolezza di fronte alle istituzioni comunitarie.

«Oggi l’Europa si sta mobilitando al fianco dell’Italia. Purtroppo non è stato sempre così» aveva riconosciuto la presidente della Commissione europea, le cui scuse comunque campeggiavano soltanto nel titolo del quotidiano romano.

Giuseppi ha in ogni caso apprezzato il tentativo di distensione, ma al tempo stesso non ha rinunciato a qualche stoccata. «Quando si combatte una guerra, è obbligatorio sostenere tutti gli sforzi necessari per vincere e dotarsi di tutti gli strumenti che servono per avviare la ricostruzione» ha ammonito, facendo presente, in riferimento alla prossima seduta del Consiglio europeo, che «alcune anticipazioni dei lavori tecnici che ho potuto visionare non sembrano affatto all’altezza del compito che la storia ci ha assegnato».

Il nodo è sempre lo stesso, quello dell’esborso economico richiesto per debellare una volta per tutte il Covid-19. Bruxelles ha appena lanciato il piano “SURE” (Support to mitigate unemployment risks in emergency), un fondo da 100 miliardi di euro pensato per aiutare i Governi nazionali a «finanziare il reddito di quanti si trovano temporaneamente senza lavoro in questa fase difficile». Un’iniziativa che va nella giusta direzione, ma certamente insufficiente, se si pensa che di miliardi gli Stati Uniti ne hanno mobilitati 2.000 (di dollari), e la Germania 550.

Già, la Germania. Nonostante i buoni propositi della von der Leyen, Berlino è ancora arroccata sulle sue egoistiche posizioni, al punto che la Cancelliera Angela Merkel avrebbe ribadito che alla fine «faremo uso del Mes», il Fondo europeo salva-Stati che, malgrado il nome, causerebbe la devastazione delle finanze nostrane.

Probabilmente è a questo meccanismo che si riferiva il BisConte quando ha stigmatizzato l’insistenza nel voler ricorrere «a strumenti che appaiono totalmente inadeguati». Il Capo del Governo è piuttosto tornato a sollecitare l’adozione di mezzi innovativi come gli European Recovery Bond, per gli amici coronabond: dei titoli di Stato europei che consentirebbero di dividere tra tutti gli Stati membri dell’Unione il debito pubblico generato dalle sole spese dovute all’emergenza coronavirus.

«Questi titoli non sono in alcun modo volti a condividere il debito che ognuno dei nostri Paesi ha ereditato dal passato, e nemmeno a far sì che i cittadini di alcuni Paesi abbiano a pagare anche un solo euro per il debito futuro di altri» ha spiegato ancora una volta il Presidente del Consiglio ai pertinaci e recalcitranti scettici teutonici.

«È il momento di mostrare più ambizione, più unità e più coraggio» ha quindi esortato Conte. Ma, soprattutto, è l’ora della concretezza, da ottenere, se necessario, anche alzando la voce e battendo i pugni sul tavolo della Ue. Perché, come hanno avvertito in tanti in questi giorni, nessuno si salva da solo. E l’alternativa è che l’atavico tafazzismo mitteleuropeo porti a ricordare il 2020 «come l’anno del fallimento del sogno europeo».

*Foto dal sito ufficiale della Commissione europea

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