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Ci manca quell’Italia in cui in ospedale lavoravano anche le suore infermiere

In Italia quando negli ospedali lavoravano le suore infermiere, offrivano ai pazienti amore, parole di conforto e spirito cristiano

Suora infermiera in ospedale

Suora infermiera in ospedale

Quando uno Stato serio e capace ha seriamente cura della popolazione creando le condizioni appropriate per soddisfare le aspettative della comunità allora fa il bene dei cittadini. E assiste i cittadini colpiti dal mostro Covid-19, con impegno e professionalità da parte della classe medica, infermieristica e dagli operatori socio assistenziali.

Però, spesso nelle strutture ospedaliere, pur avendo personale altamente professionale ineccepibile, è totalmente assente l’aspetto fondamentale che caratterizza l’uomo: l’amore e l’umanizzazione del corpo sanitario.

In ospedale, c’erano anche le suore

In Italia quando negli ospedali lavoravano con mansione infermieristiche le suore, offrivano ai pazienti amore, parole di conforto e con altrettanto spirito cristiano si prodigavano nell’alleviare la sofferenza fisica e psicologica dei pazienti. Era un’altra Italia.

In Romania per fare solo un esempio i cittadini colpiti dal Covid-19 vengono sistemati nei reparti dedicati alla cura della patologia che se troppo aggressiva richiede anche il ricovero in terapia intensiva. I parenti dei pazienti ricoverati vengono informati quotidianamente sulle condizioni dei loro cari e sull’andamento dell’evoluzione della patologia. Se non troppo gravi possono avere a disposizione un cellulare per contattare i familiari e tranquillizzarli e nello stesso tempo per ricevere una parola di conforto necessaria alla loro serenità.

Il paziente ammalato e solo

In Italia, sempre per fare un esempio, il paziente una volta ricoverato non ha più alcun rapporto con il mondo esterno e con la propria famiglia. La quale, non avendo alcuna informazione vive momenti particolarmente difficili e di stress psicologico. Con tutti i miliardi che spendono e molti non bene, non riescono a promuovere un’iniziativa per informare costantemente i familiari dei pazienti Covid-19.

E’ così difficile informare i parenti sull’evolozione della malattia? Quando avremo un po’ di umanità nei nostri nosocomi? Spesso gestiti dagli amici degli amici che pensano agli affari propri e a tutelare quelli dei propri sponsor. L’attività lavorativa all’interno degli ospedali e di tutto il comparto sanitario è e dovrebbe essere una missione con un comportamento di comprensione e di tanto amore cristiano. Ma da parte di tutti, anche dei dirigenti dell’azienda, che appunto rispondono quasi sempre ad altri criteri: il bilancio economico.

Un test di umanità

Non è possibile che i pazienti siano soltanto dei numeri necessari a raggiungere gli obiettivi fissati dal direttore generale trascurando il benessere degli ammalati. Non è sufficiente vincere un concorso per entrare a far parte del comparto sanitario ma i candidati dovrebbero essere sottoposti ad un esame più importante. Quello di generare amore e offrire se stessi verso un prossimo bisognoso di affetto e di tanto spirito cristiano. Coloro che non hanno questi requisiti, pur capaci, non possono essere assunti e occuparsi delle persone che soffrono.

Cesare Giubbi

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