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“Alfano a casa”: intervista a Marco Guidi sugli scontri di Milano

La firma de Il Messaggero: “2.500 poliziotti riescono a fermare solo dieci manifestanti e gli altri dove sono?”

Marco Guidi

In una Milano messa a ferro e a fuoco all'inaugurazione dell'Expo 2015 da un gruppo di Black Bloc, le autorità restano indifferenti. La firma de Il Messaggero Marco Guidi, ai microfoni di Roma Ore 10 è intervistato da Francesco Vergovich sul tema. 

Cosa ne pensa Marco Guidi della manifestazione della giornata di ieri a Milano e della concessione da parte delle autorità ai manifestanti di protestare anche in circostanze rischiose?
Sono allibito. Si sapeva cosa poteva succedere, e contrariamente a quanto ci si aspetti, la magistratura non è intervenuta. Ha affermato che non vi erano motivi reali per espellere quei black bloc. A mio avviso è un brutto segnale. Ieri Milano è stata messa a ferro e a fuoco dai manifestanti. Erano due gruppi, quelli pacifici e i black bloc. I rissosi indossavano le tute nere ma se ne sono liberati per dileguarsi tra i partecipanti al corteo no-expo. Hanno bruciato auto, negozi, lanciato fumogeni e addirittura investito un uomo che correva per salvare la propria utilitaria. Le autorità non li hanno caricati. Sono allibito. 2.500 poliziotti riescono a fermare solo dieci manifestati. E gli altri dove sono? E’ un chiaro segnale che le autorità hanno lasciato correre. Non è tollerabile. Non si tratta di anarchia ma di gruppi presenti in tutta Europa che prendono parte alle manifestazioni per attaccare l’Europa e il potere. Il fatto che i poliziotti restino fermi davanti allo scempio, un po’ colpisce. Per paura di caricare la gente sbagliata, si preferisce rimanere indifferenti. E’ sconcertante.

Quindi Lei crede che la colpa sia da attribuire all’indifferenza delle autorità?
Io darei la colpa al prefetto. Come si fa ad autorizzare una manifestazione simile? Come si può autorizzare un corteo con tali rischi, per giunta ampiamente anticipati? Alfano, che si spaccia per Ministro degli Interni, non può dire che è stato un successo, ma una vergogna. Se l'ordine è partito dal prefetto e dal questore bisogna prendere provvedimenti. Altrimenti Alfano deve dimettersi. Alfano torna a casa.

Che fine pensa abbiano fatto i dieci manifestanti presi dalle autorità? Hanno pagato il rimborso spese? Sono agli arresti?
La domanda può essere girata ai tifosi olandesi che hanno danneggiato Piazza di Spagna. Da quello che so, in quel caso, si trattava di teppisti ricchi. Hanno pagato i danni e ora nessuno di loro sconta la pena a Regina Coeli o a Rebibbia. Sono certo che anche questa volta, i manifestanti presi verranno rilasciati e non sconteranno la pena. Bisognerebbe invece metterli fuori gioco per un po’ di tempo. Una volta che li si manda a casa, non li si può più raggiungere e dal canto loro saranno pronti ad attaccare ancora.

Manifestare è un diritto ma non lo si deve fare ad ogni costo. Esiste una Legge che vieti le manifestazioni in circostanze rischiose?
Le leggi ci sono, basta che un prefetto vieti il corteo. Nel caso in cui il divieto venga violato, le autorità hanno l’obbligo di intervenire. A Milano il corteo era autorizzato e la città è stata danneggiata. La gente stamattina non ha più l’auto, è senza lavoro e non è accettabile. Vedremo se il Parlamento discuterà di leggi preventive nei prossimi giorni. Sarà difficile.

Al concerto del Primo maggio a Roma, gli artisti si sentono pervasi dalla voglia di voler dire qualcosa sul lavoro. Che ne pensa di questa abitudine degli artisti a voler muovere le masse?
Quando un artista è un bravo cantante ed ha una certa fama si crede anche un grande sociologo, filosofo e politico e si sente in diritto di sparare banalità. Al concerto ho apprezzato Goran Bregović. Ha fatto la sua musica, dato una versione nuova e più allegra di “Bella Ciao” e ha lasciato il palco. Cosa che ci si aspetta da un artista. Ha portato i suoi saluti ai Balcani, ha divertito, ha spiegato da che parte si schiera politicamente ed è finita lì. Gli artisti non hanno bisogno di lanciare messaggi alle masse, perché di solito non vengono compresi.

All’inaugurazione Expo un coro di bambini ha cambiato il “siam pronti alla morte” dell’Inno d’Italia in “siam pronti alla vita”. Vuole fare un commento?
“Siam pronti alla vita” suona tanto renziano. Nel risorgimento il termine “morte” non era un invito al sacrificio, quanto piuttosto un grido che dichiarava la volontà degli italiani di morire per i propri ideali. Il nuovo Inno lasciamolo passare perché è una nota di ottimismo, vuol dire che oggi, nel 2015, noi italiani siamo pronti alla vita, nel senso che siamo pronti ad affrontare la crisi per ricominciare a vivere. Un po’ banale ma abbastanza indifferente. Non è un reato.

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