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Roma, polveri sottili: “Avremo un futuro di giornate senza auto”

A volte sogno un servizio pubblico con steward e hostess a bordo che servono la colazione per rendere piacevole il viaggio

A causa di un'alta concentrazione di polveri sottili nell'atmosfera, termine,che ci fa ricordare lo spauracchio delle "sottili minacce" del babbo ai tempi delle marachelle, si prospettano per la città di Roma, lunghe giornate di targhe alterne. Credo ricordiate "Un albero di  trenta piani" di Adriano Celentano. Ad un certo punto, la canzone fa così: "Ora invece qui, nella città, i motori delle macchine già ci cantano la marcia funebre". Faccio notare che il brano è stato pubblicato nel 1972…  Il punto, credo, è proprio questo e non occorre una scienza infusa per comprenderlo. Il fatto di alternare targhe, auto e compagnia bella, sono persuaso non sia funzionale alla risoluzione del problema, è praticamente impossibile, ma, attenzione: che sia un segnale forte e chiaro, creato a bella posta ogni volta, per far vedere che qualcuno pensa alla nostra salute, questo si, lo credo eccome! E' il classico specchietto per le allodole, senza contare che venerdi prossimo saremo di nuovo punto e a capo. Quando si decide di affrontare una questione, per tentare di risolverla, si deve operare partendo dalla radice. A volte, mi viene da pensare alla comodità di avere un mezzo pubblico praticamente sotto casa e alla certezza che se ne perdo uno ce n'è un altro dopo tre minuti al massimo, rapido quasi quanto un pit stop, in fatto di efficienza. A volte sogno un servizio pubblico con tanto di steward e hostess a bordo che servono la colazione e una scelta di giornali e riviste per rendere piacevole il viaggio, comunque già eccellente per qualità, per via della pulizia del mezzo e del posto da occupare che posso scegliere come mi pare e piace. A volte sogno, appunto… Tornando alla realtà, penso sia normale ritenere che il problema della minaccia delle polveri sottili si possa risolvere solo e soltanto attraverso la scelta di potenziare i servizi, grazie alla volontà di rafforzarli sul serio, coscienziosamente. Così però, ahimè, perderebbe di attualità il buon Celentano: "Ahia non respiro più, mi sento che soffoco un po, sento il fiato che va giù, va giù e non viene su". Liberamente tratto da: "Un albero di trenta piani" (1972).

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