Stangata pensioni, dopo 35 anni di lavoro l’assegno rischia di essere amaro | L’assegno è molto più basso
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Per chi ha lavorato 35 anni, l’assegno pensionistico rischia di essere molto più basso del previsto: il sistema contributivo mostra tutti i suoi limiti, e la delusione cresce tra lavoratori vicini al traguardo.
Negli ultimi anni i calcoli previdenziali hanno subito un cambiamento profondo, segnato dal passaggio quasi totale al sistema contributivo. Questo significa che l’importo della pensione dipende sempre più dai contributi effettivamente versati e meno dal reddito percepito negli ultimi anni di lavoro. Un meccanismo che colpisce soprattutto chi ha avuto carriere discontinue, periodi di salario modesto o contratti precari.
A risentirne sono proprio i lavoratori che, pur avendo maturato 35 anni di contributi, si ritrovano davanti a proiezioni previdenziali nettamente inferiori alle aspettative. L’idea che dopo oltre tre decenni di impegno l’assegno possa essere ben al di sotto della soglia necessaria per una vita dignitosa sta alimentando crescente preoccupazione e richieste di interventi urgenti.
Perché l’assegno è più basso del previsto
Il problema principale risiede nel funzionamento del sistema contributivo. L’importo finale viene calcolato sulla base dei contributi accantonati e rivalutati nel corso degli anni, tenendo conto dell’aspettativa di vita e dei coefficienti di trasformazione. Se durante la carriera ci sono stati periodi con stipendi bassi, part-time involontari o interruzioni lavorative, il montante contributivo risulta inevitabilmente più ridotto.
Questo scenario è aggravato dalle trasformazioni del mercato del lavoro: contratti a termine, retribuzioni non elevate e carriere discontinue portano a versare meno contributi, e di conseguenza a ricevere pensioni più leggere. La stangata diventa evidente proprio per chi ha lavorato 30 o 35 anni, ma non ha beneficiato di stipendi alti o continui, ritrovandosi con un assegno lontano dalle aspettative maturate negli anni di attività.

Le ricadute sui futuri pensionati e le possibili soluzioni
La prospettiva di una pensione insufficiente sta spingendo molti a valutare forme di previdenza integrativa, ma non tutti possono permettersi versamenti aggiuntivi o accantonamenti personali. Per una parte rilevante dei lavoratori, soprattutto quelli con redditi medio-bassi, la pensione pubblica rimane l’unica fonte di sostegno economico nella terza età.
Le associazioni dei lavoratori chiedono da tempo misure correttive: rivalutazioni dei coefficienti, rafforzamento della previdenza complementare, incentivi per chi decide di proseguire l’attività lavorativa e strumenti che compensino i periodi contributivi deboli. Il dibattito politico resta aperto, ma le risposte tardano ad arrivare.
Intanto, la realtà è chiara: dopo 35 anni di lavoro, moltissimi italiani scoprono che la pensione che li attende sarà più bassa del previsto, spesso troppo bassa per affrontare serenamente le spese quotidiane. Una questione che riguarda milioni di persone e che rischia di diventare uno dei nodi sociali più urgenti dei prossimi anni.
